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Una fiaba «faulkneriana» appassionata e tragica, come nelle migliori corde di questa autrice totalmente fuori dal jet-set letterario, ragazza di montagna che ha dentro la roccia e l'acqua. Una rilettura spietatamente controcorrente e a tratti agghiacciante della natività. Tutto inizia nella notte del 29 febbraio, in uno sperduto paesino sui monti. È un martedì, e Marion, la dura e amara Marion, mentre è nella vasca da bagno,partorisce qualcosa, una bambina nuova che non sapeva di portare dentro di sé, come fosse una Maria di Nazareth delle cime innevate e del freddo. È una magia, un dono, un evento inatteso e misterioso che tutti cercano di spiegare in qualche modo, ognuno dal suo punto di vista, e che tutti alla fine accettano con gioia, proprio come quel figlio di Dio venuto a salvare il mondo. E che adottano, come fosse una figlia del miracolo, scegliendole perfino il nome tutti insieme. Ma non lei, non Marion, la dura e amara Marion, la madre che da quella nascita, da quella intrusione, si sente «violentata», e che non riesce ad accettarla perché ha dentro dolori e ferite e vorrebbe amare soltanto il suo uomo, non il padre di una figlia non voluta, non quella figlia. La storia di una magia, di una follia, di un amore e di un'incapacità di amare. Una storia di montagne, di freddo, di animali e di sguardi, una storia che entra dentro il mistero dell'essere donna, una storia piena di strazio e di commozione, piena di paura e di gioia, piena di vita.